Rataplan! Tamburo io sento
che mi chiama alla bandiera.
Oh che gioia, oh che contento,
io vado a guerreggiar!
Rataplan! Non ho paura
delle bombe e dei cannoni,
io vado alla ventura,
sarà poi quel che sarà.
E la bela Gigogin
col tromilerilerela,
la va a spass col sò spincin,tromilerilerà.
A quindici anni facevo all'amore.
Daghela avanti un passo, delizia del mio core!
A sedici anni ho preso marito.
Daghela avanti un passo, delizia del mio core!
A diciasette mi sono spartita.
Daghela avanti un passo, delizia del mio core!
La ven, la ven, la ven alla finiestra.
l'è tutta, l'è tutta, l'è tutta insipriada.
la dis, la dis, la dis che l'è malada
per non, per non, per non mangiar polenta,
Bisogna, bisogna, bisogna avè pazienza,
lassala, lassala, lassala maridà.
Le baciai, le baciai il bel visetto.
Cium, cium, cium!
La mi disse, la mi disse: oh che diletto,
Cium, cium, cium!
Là più in basso, là più in basso in quel boschetto,
Cium, cium, cium!
andrem, andrem a riposar.
Ta-ra-ra-tà-tà.
note e commenti
La canzone è un riadattamento in musica (1858) del maestro Paolo Giorza di un insieme di strofe popolari preesistenti. La «bella Gigogin» del titolo è una ragazza, Gigogin in piemontese è il diminutivo di Teresa o Teresina. Probabilmente è possibile ricavare alcuni riferimenti patriottici dalle strofe centrali, in cui la «malata» Gigogin, personificazione dell'Italia occupata dagli Austriaci non vuole «mangiar polenta» il che, se si immagina un riferimento al giallo della bandiera austriaca, può essere facilmente letto come un rifiuto dell'occupazione Borbonica.
Stando alla tradizione la versione riarrangiata dal Giorza fu suonata per la prima volta la sera di capodanno del 1858 al teatro Carcano di Milano. Da quella sera, ha acquisito una tale popolarità da risuonare perfino sui campi di Magenta, alla testa delle cariche. Oggigiorno «la bella Gigogin» fa ancora parte delle canzoni suonate dalla
Banda dei Bersaglieri.